Luigi Gonano – 1° classificato sezione poesia
La poesia è di chi legge, respira
Perché dovrei divellermi
con solerzia dalla bocca
la carezza dei colori,
il chiarore dei rintocchi
o del sole lo scalpiccio
quando imbroglia le passioni
sulla veranda dei risvegli?
Perché dovrei sbocciarmi
il petto per strappare
la curva delle parole,
il profumo delle immagini
o il sapore della nebbia
quando schiuma borbottando
dai rami in decadenza?
Perché dovrei tacciare
la mia lingua d’indecenza
se non sciaborda come miele,
se non brezza come Eros,
se non schiaccia come grani
d’uva contro i denti, versi
acerbi che vorrebbero vagire?
La poesia è di chi legge,
anima e respira
lettere che s’incagliano
in madreperlacei banchi,
sull’albeggiar di palpebre
umide nel dolciastro ritmo,
invero, ignoto a chi le scrive.
Simone Cecchini – 2° classificato sezione poesia
Evanescenza dei sensi allegri
Concedimi un frammento del tuo eterno oblio,
riempimi la mente del vuoto più sincero
anche solo per un minuto,
lasciami accedere al regno del non-pensiero,
liberami dalla concretezza e dalla realtà quotidiana;
allontana anche i sogni, per quel minuto,
e che sia intenso come ne ho bisogno.
Lo so, intorno a me è pieno di piccoli vuoti artificiali
per esseri umani, di leggerezze e superficialità
che violentano l’anima, annullandola.
Ma è proprio per l’anima
che io voglio dimenticare momentaneamente il pensiero,
è per ascoltarla meglio
che cerco l’evanescenza della ragione.
Concedimi il silenzio supremo,
lascia che io venga rapito dal vento dell’inconsistenza,
che mi porti in terre antiche come dei dimenticati,
ove regna il silenzio
e il cielo non è che il riflesso del mare;
che pace, che pace.
Regalami una sosta nei giardini all’ombra del cuore,
dove passioni e tristezze non hanno ancora messo radici,
dove il passato non esiste
e non c‘è legge terrena che mi vincoli.
Concedimi questo minuto di vita
o di morte
affinché io possa decidere
se spegnermi definitivamente
o cominciare a vivere.
Francesco Arleo – 3° classificato
Il fiammifero di Dio
Considerate:
Posso riscaldare una notte di gelo,
illuminare un cammino,
dar fuga a migliaia di piedi,
togliere un villaggio dalla terra.
Sciogliere in un’ampolla
la formula stessa della vita
o inebriarvi tossine e rinsecchire ogni cellula.
Posso proteggere i piedi d’un fanciulletto
O trasformargli la culla in inferno.
Considerate:
Posso far nascere pastelli dai vetri di Murano
Sciogliere zucchero di Setubàl
polvere bianca di Medellin
far vibrare anime in uno stadio di felicità
o polverizzare le sedie sotto il sedere.
Posso essere lucciola su un nota di klézmer
O baciare di lume nel verso del dimotikì
attraversare un mare di buio
Trovarmi in occidente quando la sera
d’un pezzo s‘è presa la mano di Vitebsk.
Essere in chiesa o in moschea.
Considerate
posso esser un fiammifero e spegnermi d’improvviso,
proprio quando
credevo…
Considerate ancora:
un uomo.
a Primo Levi
Fiorella Cappelli – Premio Cultura Letteraria
Anima di marmo
Colpita da un raggio di sole
la bianca testa di lupo
catturava parole
scolpita dal martello maestro
si delineava la forma
in tutto il suo estro!
Onde di marmo nascevano in un momento
simili al lago
spettinato dal vento
sul volto rughe che racchiudevano magia
e infiniti pensieri nella mente mia
Nella grotta del sole negato
sembrava che il tempo
si fosse fermato…
e un uomo che crea ritorna bambino
in sapienti giochi di travertino
Nell’opera la sua magnificenza
in percorse ore di pazienza
Ai miei occhi, pesante e fiero l’immaginario
in bianche mani
creazioni di statuario
e mi accorgevo con quanto candido disarmo
usciva
quell’anima di marmo!
Alessandra Crabbia – Premio Cultura Letteraria
Cartagena e altre magie d’amore
Ci amammo a Cartagena, la terra degli aranci e i pesci-spada,
delle sierre rosse e infuocate, delle grate saracene alle finestre.
Là, l’amore è selvaggio e ineffabile,
e il sole ha la truce intemperanza
dell’arabo, del toro, del mare in tempesta.
Sostammo nella piazza del porto,
in una danza di spezie e tamarindi,
di gamberi fritti e palme sciolte al vento,
di rauche chitarre e di ispaniche taverne.
Ma andiamo, anima mia,
Cartagena non ci aspetta più,
e il tuo cappello di panama solitario sotto la pendola
ha l’odore di vicoli del sud lenti e selvaggi,
di ostriche d’argento spalancate e arrese.
Andiamo, già pesa nel cuore
questo amaro di gomma e resina crepitanti,
questa dolce tristezza di canestri bruciati.
Ora non so più darti rime celesti e colte,
né un fraseggiare etereo e astuto
che accenda nel tuo cuore una fiaccola d’oro ed alabastro.
Posso soltanto con rime rudi
farti sentire l’eco delle mie lontane risa innamorate
percorrere impazzite le nostre strade moresche.
Lascia dunque ch’io sia l’ultimo poeta di Cartagena,
coi piedi che soffrono in scarpe troppo strette,
colui che fiutava l’odore di magie d’amore
che usciva dalle case nei meriggi ardenti,
colui che ha nel cuore nacchere e mantiglie,
colui che ha negli occhi il bagliore appannato del toro nell’ora della morte:
perché è Cartagena la mia estasi alata, e lunga, e oscura,
regina amara dei miei giorni che volano e volano
come i suoi mulini all’alba,
folli di vento e di perduto amore.
Giuliana Gilli – Premio Cultura Letteraria
Sera di corallo
Da orizzonti indefiniti
mi giunge questa sera di corallo
a tingere d’impeto e d’ibisco
sbiaditi fondali di silenzio.
Risveglia la tua voce
nostalgia di stelle impallidite,
trucioli di sogni sfatti,
nell’incedere lento
di passi appannati di brina.
Freme la luna prigioniera
nei recinti di un cielo assonnato
e affonda lame di velluto
nella fragile corteccia
del mio corpo pulsante di gelo!
Mi lascio andare al tepore
che schiude il bucaneve
e stupisce l’erba,
cullando lo sfarzo di un vento
che sospinge attimi
ammainati come vele
Marcello Gargiulo – Premio Cultura Letteraria
Felicità
Felicità di un attimo fuggente
che attraversando il cuor giungi alla mente
e quasi la devasti e crei scompiglio
così che la realtà sia lungi un miglio
felicità che tutto rendi rosa
che luce nuova dai a qualunque cosa
che l’animo librar fai nell’immenso
che d’ogni cosa fai perdere il senso
felicità lontana qual chimera
che pur rimani ad esser pura e vera
nel mentre tutti insieme noi rapisci
lo spirito guerrier spesso sopisci
felicità da tutti ricercata
ma forse mai raggiunta, mai trovata
inesistente, ma…, forse reale,
volerti e non averti fa star male
felicità che giungi ad insaputa
accanto a te la vita tutta muta
solo perché fai viver l’illusione
di abbandonare questa dimensione
felicità che penetri l’arcano
io sono qui a tenderti la mano
sperando che tu possa in questa vita
stringerla prima ancor che sia finita
felicità, sei tu di questa terra?
e se è così poniam fine alla guerra
stringiamo un patto di fraterno amore
per cancellar dal mondo ogni dolore.
Viviana Rocca – Premio Cultura Letteraria
Il Nido
Pagine di memoria
sotto un lampione
sfiorai
e polvere di sogno
vi trovai
che mi fece starnutire
un pensiero
di lacrime al miele di acerbe risate
tra i banchi di scuola
di fantastici sentieri
inondati di luce
e sogni di gloria
e sospiri d’amore
e specchi nei quali
crescevo insieme all’incertezza
del futuro
ma lì era un nido caldo
la mia protezione
un sorriso adulto
la mia sicurezza
il premio di tante fatiche
la lode
la punizione
tra chiacchiere e nubi di fumo
nei bagni dai muri scritti di giovinezza…
E adesso le molteplici strade lo smarrimento
e il premio un pezzo di carta sterile muto
la punizione un angolo accogliente fuori dalla porta
non più quel pezzo di carta…
E polvere di sogno tra sentieri spinosi adesso trasale.
Claudia Ruffino – Premio Cultura Letteraria
Eterna poesia
Arpeggi incantati
di parole irreali
culminano
ebbrezze di sinfonie
astratte.
Sublimazioni di immenso
raccontano
gocce di universo
in spartiti immortali
d’eterna poesia.
Maria Lisma – Premio Cultura Letteraria
Assenza
Anche la mia anima
ha fame di parole.
I rumori dell’assenza
danzano
sulle corde del desiderio.
È una casa di fumo,
l’assenza,
con le pareti
ferite di ricordi.
Una finestra aperta
interroga le stelle.
Bona Maria Cardinali – Premio Critica Letteraria
Una idea
Io strettamente legata all’idea
sono ormai corpo logico di essa,
sono l’effimero dei materiali,
sono l’essenza silenziosa di un disegno
che contempla il racconto.
Sono un essenziale paradosso
o un paradosso essenziale.
Chi sono nel mio racconto?
L’ideatrice, l’autrice, il soggetto
essenziale o l’essenziale dell’idea.
Sono logica di una idea
o una idea logica che costruisce immagini.
Sono nel racconto, veloce produttore di immagini
o veicolante mezzo di rappresentazione
disposto ad aggiungere a togliere a moltiplicare
a dividere aree e spazi nel racconto del colore,
della forma, del silenzio essenziale,
dello statico ampio, del geometrico assoluto.
Come si costruiscono immagini?
Così importante è costruirle?
Pensando al vuoto,
l’ombra accalca la luce
e la luce l’ombra rincorre,
nei deserti infiniti dell’assenza,
il silenzioso spettrale piano d’appoggio
di un racconto non raccontato, di una idea
non ideata, di un colore non colorato,
si affaccia, si dispone e si indispone.
Tela di un telaio nel vicolo
chiuso di un modello
di cui è bene differire
e prodursi nel confronto.
Michele La Nave – Premio Cultura Letteraria
Silenzio
Avvolto dal buio, sommerso dal silenzio.
Stanotte la città non esiste se non dove
un albero dai folti capelli neri scivola via,
come una donna annegata nel cielo gelido,
laddove pulsano tenebre spogliate di stelle.
L’esile membrana, timpano dell’anima,
giace immobile, non percepisce vibrazioni.
Eppure io ascolto, è un silenzio assordante…
Scuote, ridesta, ribalta sopiti pensieri,
sordide idee che si insinuano, rivivono,
crescono in me pascendosi di angosce,
strisciano tortuose, piene di dissonanze,
ambigui fragori che si annullano a vicenda,
magiche onde acustiche che si elidono.
Altre son fatte di fruscii, ronzii, sottili:
un intimo sottofondo così costante,
così mesto da non colpire l’attenzione,
da divenire indifferente substrato.
Così mi dissolvo nei cupi abissi di un lago,
scorgo mute ombre di fameliche bestie
assetate di infinite coscienze insozzate,
orribili incubi ripudiati, celati, strozzati.
Destate dal boato silente, affiorano ovunque,
invisibili colpe, oscene eredità della luce.
Come un dio sanguinario, la luna squarcia,
dilania il ventre ipocrita del giorno spezzato.
Finché il vecchio serpente, senza esser visto,
divora stelle malate, sbrana anime perse.
Me stesso risucchiato nel grande drago,
separato dalla vita negata di ogni bandiera,
senza spasmi, né grida, io mi perdo…
Ecco!... Una nota!... Un lieve interludio!
No… Mi inganno, illudo i miei sensi.
Ciò che resta della memore melodia,
non può infrangere l’immane silenzio…
Sprofondo ancora nell’assenza di suoni.
Giulia Adriani – Premio Critica Letteraria
La mia via
Un domani forse
il raggio paradisiaco
dell’inestimabile
scalderà il mio essere
e farà dimenticare il mio volto
la nera e gelida essenza dell’ombra.
Un domani forse
tramonterà la paura,
si risveglierà la prodezza
e sarà l’alba di una nuova fede.
Sarò in grado di percepire l’astio
che si cela dietro la nebbia
dell’apparente simulazione,
ed il vento porterà via con sé
l’irresolutezza,
i ricordi, le lacrime.
Un domani il Dio Amore
mi condurrà per mano,
trafiggerà la mia carne,
liberandomi dall’eccessiva stasi,
rendendomi sua schiava.
Allora i sensi battaglieri
saranno più forti della ragione
e il mio corpo si lascerà guidare dal cuore.
Un domani non molto distante
percorrerò anch’io la mia via;
sarò in pace.
Giovanni Murgia – Premio Critica Letteraria
Uomo senza tempo
Tarda non fia la sera
al dì di Maggio sorta,
dolce la valle ascolta,
veglia silente assorta.
Dal tremolar la terra
al sussultar le menti,
il Santo, le genti,
nel giorno a Te Beato.
Di lagrime la piana si tingea,
tra i cuori, il tenero canto,
nel dolce bisbigliar di foglie,
nel silenzio del vento a primavera.
Umile pastor, cuore zelante,
dal palmo che il sangue ricopria,
nel miracolo il dono, maestoso porti
nel mondo, la fede al primeggiar.
Da povero fanciullo a paladino,
testimone intrepido celeste,
chiediamo a Te la grazia d’una vita,
Tu appari con la croce tra le dita.
Nobile e indomito lo sguardo,
nel volto scarno, triste, affaticato,
cadente il passo, trascinato e stanco,
tutto è: spiritualmente Santo.
Giorgio Sassayannis – Premio Critica Letteraria
Serenità
Sono stanco di camminare
al buio, sotto la pioggia,
schiaffeggiato dal vento,
cercandoti disperatamente.
Disperazione della madre,
che dà il seno vuoto al suo bambino,
disperazione del gabbiano ferito,
dell’uomo tradito,
disperata lotta contro
il male diffuso.
Così disperatamente ti cerco oggi,
ti cercherò
domani e sempre
sperando di trovarti un giorno,
serenità.
Andrea Giuseppe Graziano – Premio Critica Letteraria
Deiezione
Dietro l’ipotenusa
che mai calcolai
o nell’incrocio del legno
scollato
non saprei dove
meglio ancorare
il pensiero alle cose
ché il peso del giorno
vivo, è diviso da picchi
di spasmi
a scansare
conati
di anamnesi o fabrilità